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I GUARNIERI

Sono trascorsi esattamente dieci anni da quando ho incontrato per la prima volta Roberto e Rodolfo Guarnieri nella loro “bottega” fiorentina di lungarno Cellini. Non ricordo per quali vie ci siamo conosciuti ma rammento nitidamente la visita nel suggestivo laboratorio dove si respirava un’aria fuori dal tempo. Nel corso di quell’incontro mi raccontarono la storia della “ditta” e il lavoro che vi si svolgeva dal 1944. Quando stavo per andarmene, quasi scusandosene, mi accompagnarono in un  fondo attiguo al laboratorio dove mi mostrarono alcuni lavori che erano intimamente legati al loro “mestiere” quotidiano di artigiani ma che, allo stesso tempo, esulavano completamente dai manufatti eseguiti a regola d’arte che avevo visto in precedenza.

Si trattava, infatti, di  realizzazioni del tutto originali frutto sì della loro perizia tecnica ma, soprattutto, che rappresentavano totalmente l’ espressione della loro vena artistica, del loro ingegno e della vasta cultura accumulata in anni di studio alla facoltà di Architettura (Roberto) e alla scuola d’arte di Porta Romana (Rodolfo).

Ne fui letteralmente folgorato perché mi trovavo davanti ad opere assolutamente uniche che si rifacevano alla lezione di tanti maestri del passato remoto e recente ma che non avevano nessun riferimento con correnti artistiche ben individuate né mutuavano temi o soluzioni espressive riconducibili a celebrati artisti contemporanei. Chiesi a chi fossero attribuibili le singole opere e, sorprendentemente, appresi che entrambi ne erano coautori in totale sintonia d’intenti e, quindi, non vi erano parti realizzate specificatamente dall’uno o dall’altro. In ognuna di esse, ciascuno dei due aveva portato il proprio estro, la propria fantasia, il proprio bagaglio culturale maturato autonomamente in ambiti diversi ma cementato dalla frequentazione della bottega paterna e dalla comune passione per il legno in tutte le sue declinazioni.

Non è frequente, ma nemmeno rarissimo, trovarsi davanti a fratelli coautori: è accaduto e accade in cinema, in teatro e in letteratura; è molto più difficile che avvenga nel campo dell’arte dove è quasi impossibile ideare e poi realizzare quadri o sculture in perfetta simbiosi creativa e compositiva.

La prima cosa che suggerii fu quella di mostrare i lavori ad un critico d’arte che fosse in grado di analizzarli ed esprimere un giudizio con molta più competenza; dopo, avremmo valutato, insieme, l’opportunità di allestire una mostra. Per questo stabilii un contatto col professor Giampaolo Trotta il quale, come era successo a me, rimase piacevolmente sorpreso nello scoprire la qualità e l’unicità di quanto gli fu mostrato tant’è che prese l’impegno di presentare i Guarnieri in occasione della mostra del debutto che si tenne nel dicembre del 2010 in una splendida location del Chianti, Villa La Montagnola. Nei dieci anni che ci separano da quell’evento, ho costantemente seguito la produzione artistica e le numerose esposizioni di Roberto e Rodolfo e ne ho testimoniata la inarrestabile ascesa nei servizi televisivi a loro dedicati dalla rubrica Incontri con l’arte di Toscana Tv raccogliendo giudizi espressi da illustri critici quali Pierfrancesco Listri, Maurizio Vanni, Carlo Cinelli e molti altri che, unanimemente, hanno tessuto gli elogi nei confronti di un’arte che non ha uguali, che è unica nel suo genere , che riesce mirabilmente a coniugare tecniche antiche – come l’affresco inciso, l’encausto o il graffito – con temi contemporanei dando vita ad un intrigante mélange di razionale e irrazionale, di geometria e informale, di astrazione e figurazione, di classicità e pop art. Nelle composizioni dei Guarnieri c’è soprattutto Firenze, vi sono gli echi del periodo rinascimentale, ci sono Masaccio e Masolino, c’è la cupola del Brunelleschi, ci sono Botticelli e Donatello, c’è Michelangelo ma c’è anche il divisionismo e il futurismo. E come non poteva, questa forma di espressione artistica così ricca di rimandi, non essere apprezzata all’estero dove i due artisti fiorentini sono stati più volte chiamati a rappresentare la loro arte ma anche la nostra cultura (è avvenuto nel 2007 a Mosca e nel 2008 a Vancouver). Ma anche in Italia non sono mancati i riconoscimenti ufficiali da parte delle istituzioni; infatti, il Comune di Barberino di Mugello ha voluto impreziosire la transitatissima rotatoria d’accesso al paese con una serie di sculture dal titolo “Le Genti”. Si tratta di statue arcaiche che sembrano uscite dalla nebbia dei secoli, figure ieratiche dai tratti stilizzati che evocano trascendenza e spiritualità.

Oggi, dunque, sono orgoglioso di essere stato il primo a credere in Roberto e Rodolfo e a spronarli ad affrontare il giudizio della critica e del pubblico, e mi attribuisco, in minima parte, un po’ di merito del loro ormai consolidato successo.

Fabrizio Borghini

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